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Raccontaci la tua esperienza vissuta nel club,
sarà certamente di aiuto a qualcun'altro...

Ho 40 anni e fin da ragazzo sono stato in vari posti per imparare a fare il cameriere, tutti ristoranti e pizzerie dove persone più grandi di me bevevano. Mi trovavo qui a Bertinoro, lontano da casa, e a volte la sera dal piazzale Belvedere guardavo giù tutte le luci, mi sentivo solo e piangevo, non per cercare scuse ma il bere, mi aiutava a sentirmi grande. Poi conobbi una ragazza e ci fidanzammo. Partii militare e al mio ritorno avremmo dovuto sposarci ma io sia per la lontananza sia per il bere ne trovai un’altra. Quando lei lo scoprì mi lasciò e non è mai tornata sulla sua decisione.
Fu in questo periodo che iniziai a bere maggiormente e passai anche ai superalcolici. Quando però smisi di pensare a lei non feci altrettanto con l’alcol, anzi. Conobbi molte altre ragazze ma queste storie duravano una, due sere al massimo.

Poi 8 anni fa ho conosciuto Francesca, e in quell’occasione ero ubriaco. Col passare del tempo lei si comportò come un’amica, criticava spesso il mio bere ed io piano piano mi innamorai di lei. Quando finalmente trovai il coraggio di confessarle i miei sentimenti lei mi rispose: “ma vai via, sei solo ubriaco, quando sei sobrio non mi dici mai nulla. A chi devo credere?”. Ci rimasi molto male, sapevo che anche lei mi voleva bene, stava cercando la strada per aiutarmi. Infatti dopo un breve periodo di astinenza, le riparlai chiedendole di venire a vivere con me e le promisi che l’avrei fatta finita con l’alcol. Da quando siamo andati a stare insieme ho fatto mille promesse a Francesca ma tutte le volte ci ricascavo; lei era sempre molto tesa e aveva 10 occhi invece di due. Alla fine mi costrinse a frequentare il Club degli Alcolisti in Trattamento.

Sono passati 5 anni ed è buffo come una cosa iniziata per forza si sia trasformata in una piacevole parentesi. Viviamo gomito a gomito con migliaia di persone ma non c’è spazio per un rapporto vero di amicizia, direi anche d’amore. Quante persone vediamo per strada che avrebbero bisogno di aiuto ma spesso diciamo “io ne ho abbastanza dei miei problemi”. Questa amicizia e questi valori li ho ritrovati nel Club. Spesso parliamo anche di problemi che non riguardano l’alcol con la certezza di essere ascoltati, capiti e aiutati. Comunque oggi a distanza di tempo posso finalmente mantenere la promessa fatta a Francesca, anch’io posso dire “no grazie, non bevo alcolici”.

 

Pasquale L.

Alcolista - ACAT Cesena

 

Il mio nome è Luigi, sono alcolista in trattamento da 7 anni in astinenza. Il mio racconto parte da lontano cioè da quando i miei mi hanno permesso di uscire di casa dall’etè di 16-17 anni; ecco qui cominciai il mio approccio con l’alcol. Uscivo con gli amici ed insieme facevamo qualche bisboccia e si beveva anche se inizialmente non arrivavamo all’ubriacatura, ma bevevamo solo per lo stare in società, a contatto con persone più adulte ed io man mano che gli anni passavano (non conoscendo il problema, perchè in ITALIA mancava e manca tuttora una educazione basata sull’insegnamento dei rischi alcolcorrelati), sono passato ad essere un alcol dipendente. Va detto che in questa mia dipendenza c’era a monte un motivo o più motivi dei quali oggi non ne conosco l’identità; diciamo che uno poteva essere il momento in cui, sul lavoro, sono stato lasciato solo a gestire una attività che in un primo momento non mi sembrava di grosse difficoltà, poi si è rivelato più grande del previsto ed io non volendo far vedere le mie difficoltà, ho chiesto aiuto ad un amico: “l’alcol” In queste situazioni non ci rendiamo conto delle nostre azioni e quindi dimentichiamo tutto e non ci rendiamo conto di quanto male facciamo a noi stessi e non solo ma a tutta la famiglia che ci sta intorno; non proviamo la loro vergogna a presentarsi come padre, madre, moglie, figli o fratelli di un individuo che “ama troppo” l’alcol. Quando poi è venuto il momento di fare una scelta o smettere o morire, mi sono dirottato sulla prima e sono stato inviato presso i centri educativi sui problemi alcolcorrelati. Diciamo che è stata una scelta dura perchè si trattava di lasciare un “amico” e si sa quanto sia doloroso perdere un caro confidente se così si può chiamare; però in un momento di riflessione mi sono detto: visto che gli amici mi hanno messo in disparte perchè così si usa ed è logico, si è considerati persone non più capaci di gestire sè stessi, allora gioco forza bisogna dire: lascio un confidente per riacquistare gli amici e così facendo ho iniziato la terapia e mi sono buttato dentro al punto tale che oggi se non vado al club, mi sembra che mi manchi qualcosa: ed a proposito di club io l’ho vissuto e lo vivo tutt’ora come un alimento della mia vita e quindi mi è facile ricordare e riportare alcune testimonianze. Una cosa non posso dimenticare, ed è quella del ruolo che ha svolto e che svolge mia sorella perchè diciamo che è stata sua la spinta maggiore ad accettare il trattamento. Fra i tanti episodi, curiosi o meno, mi è rimasto vivo in mente quello di quando ho partecipato per la prima volta ad un Interclub dove ho conosciuto il prof. Hudolin; ebbene alla fine della riunione lo stesso professore ha invitato tutti a cantare, ecco in quei momenti ho provato la stessa sensazione di quando cantavamo “bevuti” e mi son chiesto cosa penserà la gente fuori sapendo che la dentro c’erano persone che avevano smesso di bere!!! Altri momenti che ricordo sono quelli di quando ho avuto con me al club persone che chiedevano aiuto, vivendo grosse difficoltà perchè in famiglia non erano considerate, un episodio curioso è stato quello di sentire un alcolista dire sempre 0 giorni con una risatina da persona ancora bambina. Un momento molto importante da ricordare per me è stato quello di quando sono stato chiamato a far parte dell’ACAT cesenate. “Ecco” mi sono detto, “qualcuno ha visto che i miei sforzi non sono stati inutili” ed in quel momento mi è sembrato di toccare il cielo con un dito. Sono tutte cose che fanno parte della mia vita attuale ed alle quali, per il momento non vorrei rinunciare perchè mi hanno insegnato e mi insegnano tuttora a capire il valore della vita. Ci sono stati anche episodi brutti, non solo ricadute di altri compagni, ma sono stati quelli di vedere un alcolista prendere per il naso se stesso e tutti gli altri, negando l’evidenza dei fatti, ecco questi sono episodi che mi mandano in bestia, perchè chi fa certe cose non si rende conto di quanto danno rechi a tutta la comunità dei clubs. Quanto detto fin qui fa parte di tutta l’attività dei clubs, che non vanno considerati come semplici ritrovi, ma riunioni dove si discutono tanti problemi, siano essi legati strettamente all’individuo ed alla sua famiglia come quelli che riguardano pi direttamente le istituzioni pubbliche. Certamente di cose da scrivere ce ne sarebbero tante, ma ogni storia ha e deve avere la sua fine, quindi la cosa che più mi auguro è che queste righe (se pubblicate) siano lette non solo da alcolisti, ma da tanta altra gente in modo da far capire loro in una società come questa, la nostra, che c’è sempre un rimedio ad errori volontari od involontari che siano. Chiudo con il dire che i clubs servono per il reinserimento di persone in un contesto sociale, solo che le istituzioni pubbliche devono capire e portare il loro sostegno per una causa che fino ad ieri non era conosciuta, o meglio non voleva essere riconosciuta. Luigi Biondi – ACAT Cesena

 

Luigi B.

ACAT Cesena

Quel giorno, mio figlio… Sono Annalisa. La mia adolescenza è trascorsa all’insegna della spensieratezza; mi sono sposata molto giovane e sono diventata mamma. Il mio matrimonio è stato un disastro. La maternità poi mi ha ulteriormente responsabilizzata. Non soddisfatta del mio ruolo, frequentai prima la scuola magistrale, poi il corso di “Infermiera professionale”. Le mie giornate erano veramente faticose: lavoravo fuori, accudivo la mia famiglia e studiavo. Dopo il diploma e relativo corso fui assunta in ospedale, dove ancora oggi lavoro come dipendente stimata e gratificata. Mio figlio nel frattempo cresceva senza problemi, si è laureato senza nessuna difficoltà; la nostra vita scorreva in modo piatto ma tranquillo; covavo sempre la mia insofferenza. Io e mio marito vivevamo separati in casa. Ciascuno di noi aveva i suoi interessi e le sue amicizie. Ho iniziato a bere come tutti, alle feste, alle cene, l’aperitivo al bar. Le dosi di alcol che assumevo diventavano sempre più massicce, in casa tutti erano a conoscenza di questo mio comportamento e cercavano di farmelo notare, ma io non volevo riconoscere di essere diventata una alcolista. Mio marito durante quel periodo era molto arrabbiato. Mi mortificava, mi insultava e spesso evitava di portarmi alle cene in casa di parenti per non incorrere in brutte figure. Dopo 33 anni di matrimonio ricevetti una telefonata da una donna, che si presentò come la nuova compagna di mio marito: lui, nel giro di pochi mesi, si trasferì in un’altra casa. Mio figlio, contemporaneamente, decise di andare a convivere con la sua ragazza. Da un giorno all’altro mi ritrovai sola e disperata. La reazione a tutto questo aumentò la mia voglia di autodistruzione. In pochi mesi ero arrivata a bere una bottiglia di cognac al giorno. Mio figlio, nonostante non vivesse pi con me, non mi aveva abbandonato, anzi cercava in tutti i modi di starmi vicino. Il mio comportamento peggiorava man mano che passava il tempo. Ero diventata bugiarda, negavo di aver bevuto quando non mi reggevo in piedi, nascondevo le bottiglie nei posti più impensati. Un giorno che avevo bevuto più del solito, mio figlio mi fece sedere sul divano e seriamente mi chiese se mi rendessi conto di avere un problema. Per la prima volta in vita mia fui costretta a riflettere e senza vergogna confessai di aver bisogno di aiuto. Mio figlio aveva già preso contatto con un medico specialista e insieme andammo da lui. Il primo impatto fu sconvolgente, mi chiedeva di staccarmi dall’alcol e di frequentare un Club degli alcolisti in trattamento. Quando gli chiesi per quanto tempo avrei dovuto subire questa punizione (perchè questo pensavo che fosse), mi rispose: “Per sempre”. Non dissi nulla, ma in cuor mio gli diedi del pazzo. Il club che avrei dovuto frequentare era formato da famiglie che avevano problemi derivanti dall’alcol: lo scopo è quello di coinvolgere tutti gli appartenenti al nucleo familiare, perchè non è solo l’alcol il problema. La settimana successiva entrai al Club, timorosa e vergognosa, ma determinata a iniziare la strada verso la sobrietà. Era il 23 marzo 2005. Ricordo perfettamente il giorno, il giro delle presentazioni, le testimonianze degli altri, la vergogna nel raccontare la mia storia. Improvvisamente, però, al posto della vergogna provai una sensazione di pace e di serenità che non avrei creduto possibile. Il mio percorso di cambiamento è iniziato quel giorno. Non ho più bevuto, ma non ho dimenticato. In questi tre anni molte cose sono cambiate, il mio stile di vita è mutato, sono più tranquilla, affronto le contrarietà con spirito più sereno. Mi sento una donna realizzata: ho un buon lavoro, una casa mia, amici sinceri e l’affetto dei miei familiari.

 

Annalisa B.

(Testimonianza raccolta tramite AICAT, Associazione Italiana dei Club degli Alcolisti in Trattamento)

A MIO COGNATO....

Carissimo Marzio,

La pagina bianca da sempre mi provoca un senso di impotenza che blocca tutti i pensieri e li rinchiude in quella specie di terra di mezzo ce ho nella testa e che, all’improvviso mi fa sentire un vuoto che riempie lo spazio tra il cuore e lo stomaco.....

Inizierò quindi la mia lettera cosí:

“e poi ci siamo noi” ..... Noi familiari in bilico tra sensi di colpa e rabbia feroce, noi che cerchiamo i perché e non li troviamo mai, noi familiari che coviamo amore e rancore come fossero uova dello stesso nido sapendo, in fondo da soli che non é cosí. E poi ci siamo noi che aspettiamo quel momento in cui potervi guardare negli occhi senza vedere quel velo che vi copre l’anima.... Ci siamo noi, che non siamo stati capaci abbastanza e ci sentiamo in colpa per colpe non nostre e siamo furiosi per non avervi dato abbastanza motivi per tornare ad amare la vita...... Noi.... Che conosciamo bene  ogni vostro pregio, ma ci abituiamo a definirsi con un unica frase.... SOGGETTO CON DIPENDENZA E PROBLEMI DA ALCOOL CORRELATI...... Per un tempo che mi sembra infinito questo é ciò che sei stato, un problema o cosí venivi ormai percepito da sempre. Essere arrabbiata con te era ormai un abitudine, un sentimento sempre presente tra gli altri..... Perché bevevi, perché ti facevi del male, perché ci facevi stare in ansia e ci facevi soffrire, i motivi per essere arrabbiata con te erano mille e tutti maledettamente giusti ai miei occhi.....e cosí evidenti, come in quel gioco della settimana enigmistica.... Unisci i puntini..... E il disegno che usciva fuori era sempre lo stesso..... Tu che ubriaco cercavi di far finta di non esserlo..... Eravamo ormai tutti rassegnati al fatto che tu saresti andato avanti cosí, per il resto della tua vita e noi ci sentivamo le povere vittime di un inevitabile sciagura.... Il tuo alcoolismo.

Non so quale sia il motivo per cui non mi sia arresa a pensare e vedere soltanto gli aspetti negativi che ti davi un gran da fare a far emergere di te..... Forse il fatto che tua mamma nella sua dolorosa  malattia avesse tanto a cuore il raccomandarsi perché noi, una volta che lei non ci fosse piú stata, avessimo comunque lottato per te, ti avessimo voluto noi, il bene che tu non sapevi volere a te stesso. Credo quindi, che il mio istinto avesse ragione, nel dirmi che non sarei sempre restata delusa, che un giorno mi sarei seduta a scriverti una lettera, davanti ad una pagina bianca, con un vuoto che va dallo stomaco al cuore, per dirti quanto io sia orgogliosa del cammino che stai facendo e del fatto che lo condividi con me. Spero tu sia consapevole del fatto che ogni essere umano può compiere errori, senza per questo diventare un errore lui stesso, spero che il nostro incontro con il club 161, abbia insegnato anche a te, che ogniuno di noi é prezioso, che non siamo la somma delle nostre cadute, ma la forza che ogni volta ci rimette in piedi e che l’imperfezione non ci rende inferiori ma anzi, accresce il nostro valore rendendoci unici e preziosi...... Non importa se siamo vasi di finissima porcellana, decorati con i colori piú accesi o se le intemperie della vita ci hanno sbiaditi un pò, se una crepa piú o meno profonda ci ha segnati per sempre..... Questo ti dico quindi Marzio..... Tu sei la forza che ti ha sempre rimesso in piedi, la bontà che da sempre ti accompagna, l’onestà che ti abita e l’altruismo che ti muove verso le altre persone, sei la pazienza che ti ha fatto sopportare il giudizio inclemente del mondo. Sono convinta che la somma di tutto ciò debba renderti orgoglioso di essere qui ora..... Sobrio, ottimista e meritevole dell’amore e della stima che la vita ti deve.....

Milva.

Club 161 San Piero in Bagno FC

Ripensando al passato mi ritrovo spesso a farci i conti chiedendomi, se potessi, cosa cambierei. La risposta, sempre uguale, mi viene dal modo tutto mio di pensare che davanti ad ogni difficoltà occorre trovare la forza per superarla. Credo che tutti noi nel corso della vita siamo chiamati a delle prove la cui difficoltà è commisurata alla nostra capacità di affrontarle per cui non ci resta che darci da fare e andare avanti. Il superare un ostacolo ci deve far sentire più forti e felici per il successo ottenuto e deve permetterci il pieno godimento del momento presente. 

Oggi, l’alcol in casa nostra è sostanza orgogliosamente bandita. Un tempo però non era così, diciamo che non mancava mai a tavola ma per anni non è stato avvertito come un problema fino a quando la dipendenza ha presentato il conto ed allora era la bottiglia a scandire le tue giornate. Per due lunghi anni le nostre vite sono rimaste sospese, in uno stato di surreale attesa di qualcosa che si muovesse. 

Collego a quel periodo una sensazione di impotenza perché nonostante i miei sforzi non riuscivo a trovare il modo per farti prendere atto della gravità del problema. L’alcol tu lo sentivi come un amico che non volevi tradire e per quanto io potessi dire, in quel momento le mie parole non avevano forza. Nel frattempo attorno a noi si creava il vuoto. In quello stato non era facile coltivare amicizie e rapporti famigliari. Queste situazioni ci portarono ad isolarci e l’isolamento porta alla solitudine. E poi provavo rabbia perché non riuscivo a farmi una ragione di come riuscivi ad annientarti, ero disperato per il timore di non poter venir più fuori da quella situazione. 

La tua rinascita è partita nel momento in cui hai preso consapevolezza del problema, quando hai avuto il coraggio di chiedere aiuto a chi poteva dartelo e da lì è iniziato il cammino di risalita, con me sempre al tuo fianco. La tua volontà di farcela è stata però determinante. L’esperienza del Club ha avuto un ruolo  di fondamentale importanza per entrambi perché ci ha dato la possibilità di guardarci dentro, ci è stata di aiuto per rafforzare il nostro rapporto e ci ha dato modo di aprirci verso l’esterno. 

Oggi dopo un lungo e difficile percorso non privo di ostacoli hai alle spalle quasi tre anni di sobrietà. Il cammino sarà ancora lungo e il futuro ci presenterà sicuramente altre sfide ma adesso tuoi occhi sono tornati a brillare di vita ed il tuo atteggiamento verso te stessa emana positività. Hai ricominciato a vivere con quell’entusiasmo che avevi quando ci siamo conosciuti ma di cui avevo perso il ricordo. In me la gioia di starti vicino  si è risvegliata e questo mi rende felice. Non mi sento più impotente e solo, la rabbia e la disperazione non mi appartengono più. 

E’ per questo che quando ripenso al passato e mi chiedo cosa cambierei la risposta sempre uguale che mi do è “niente” perché ogni cosa, anche la più negativa, è servita a cambiarci e trasformarci in persone senz’altro migliori di quelle che eravamo quando ci siamo conosciuti. 

Con l’amore di sempre.... Franco.

 

Franco

Club 160 Mercato Saraceno FC

LETTERA A UNA MADRE ALCOLISTA

“Mammina cara”, 

è  così che amo chiamarti nei momenti di profonda tenerezza che oramai da tempo ci legano.

Ma non è sempre stato così... Ricordi?

Se chiudo gli occhi e torno indietro con la mente i ricordi bussano prepotenti dentro il mio cuore bambino.  Ricordare non mi fa bene, ma mi da la vera misura della donna che sei oggi e della forza che hai dovuto sviluppare per non precipitare definitivamente in un mondo dentro il quale io non avrei mai desiderato avere accesso: il tuo mondo dentro una bottiglia.

“Mammina cara”,

Ti ho odiata tanto durante quegli anni, ho odiato te, il tintinnio delle bottiglie vuote che goffamente cercavi di nascondere nella spazzatura, di quelle piene che spesso trovavo nell’armadio avvolte nei vestiti, di quelle nascoste nella tua borsa e di quelle che allegramente rotolavano sui tappetini della macchina in corsa. 

Ho odiato l’odore acre che ti usciva dalla bocca, i tuoi occhi spenti, il tuo modo di parlare lento e macchinoso ma ancor di più ho odiato il tuo maldestro tentativo di negare quella realtà con la quale avrei dovuto continuare a fare i conti per ancora molto tempo.

“Mammina cara”,

Allora non capivo, non volevo capire e ho continuato ad arrogarmi il diritto di poterti urlare contro tutta la mia rabbia adolescenziale, il mio diniego nei confronti di una situazione che contrastava il mio urgente bisogno di vivere una vita piena di colori.

Ti ho odiata davvero mammina cara ma ti ho amata ancora di più... Il mio cuore bambino è diventato un cuore adulto che ha cominciato a battere all’unisono con il tuo.

Ed è stato allora che ho compreso che tutta quella rabbia che avevo bisogno di urlarti contro altro non era che il mio amore per te avvolto dal terrore che da un momento all’altro, avrei potuto perderti per sempre.

Poi...è stato meraviglioso scoprire insieme che il momento giusto arriva all’improvviso, imprevisto e imprevedibile, il momento giusto per capirsi, scoprirsi, amarsi. 

Mi è bastato guardarti combattere, assistere alla tua crescita, al tuo cambiamento, alla tua profonda rivoluzione umana, vederti vivere le cose giuste quando io avevo bisogno di sentirmi dire le cose giuste, osservarti intenta nel tuo cammino di recupero mentre io mi apprestavo ad iniziare il mio di cammino... indipendente da te ma insieme a te. 

Il momento giusto arriva come una luce che inonda e pervade le menti ignoranti di chi ancora non vuole vedere che dietro le dipendenze si nascondono il disagio interiore, il mal di vivere e una profonda sofferenza e non sono come il pensare comune ci vuole fare intendere il segno manifesto di debolezza, mancanza di forza di volontà o più semplicemente la voglia di vivere fuori dalle righe. 

Io tutto questo l’ho imparato da te. 

È allora grazie mammina cara, grazie per avermi insegnato che nella vita ogni problema custodisce in sé la sua soluzione, grazie per avermi resa consapevole che i nostri momenti bui oggi sono i nostri punti di forza, grazie perché attraverso il tuo impegno nell’associazione, la tua profonda fede ritrovata, il tuo coraggio e la tua saggezza posso  sentirmi al sicuro e libera come quando nel riserbo più assoluto sei stata in grado di accogliere con amore la mia speciale diversità. 

È se è vero...come dici tu...che i figli scelgono i genitori dai quali nascere... Allora non è un caso se io ho scelto te. 

Mammina cara, ti ho odiata tanto, ma oggi ti amo ancora di più. 

 

Tua  Giorgia

LETTERA A MIO PADRE

Caro Babbo (BERTO)

mi ritrovo a scriverti questa lettera dove cercherò di dirti quello che non ho mai potuto dirti perché tu te ne sei andato quando io ero ancora un ragazzino e mi sei mancato nel momento in cui io con i miei problemi esistenziali avevo più bisogno della tua presenza, pero’ ancora in me sono vivi certi ricordi poco piacevoli di tensioni che si vivevano in casa per il consumo di alcol. Si sono ancora vivi i ricordi delle continue liti fra te la mamma e mio fratello, liti verbali e non solo, piatti e bicchieri che volavano. Quante volte ho visto la mamma piangere, urlare, imprecare, e dire quell’orrenda frase “almeno tu morissi”. Poi pero il giorno dopo ti accudiva, ti curava, ti giustificata e ti proteggeva, si ti proteggeva perché la gente non doveva sapere che eri un”ubriacone” e io assistevo impotente a tutto questo, mi chiedevo cosa e come potevo fare per risolvere la situazione, ma l’unica cosa che facevo era di andare in cantina a prendere altro vino, ti assecondavo nella speranza che ritornasse la calma, ma non risolvevo nulla anzi... Poi la malattia che in due anni ti ha portato via, mi sei morto fra le braccia mentre ti lavavo (avevo 15 anni). Da allora per tanti anni mi sono chiesto dove ho sbagliato: SE potevo fare qualcosa di diverso.

SE tu potevi reagire diversamente alle disavventure della tua vita.

SE tu fossi stato presente quante cose sarebbero cambiate nella mia di vita.

SE tu mi fossi stato accanto.

SE tu mi avessi detto una parola di conforto.

SE SE SE SE SOLO TANTI SE.

Poi un giorno un’altro SE si è aggiunto agli altri, ma un SE diverso.

SE tu non mi avessi messo al mondo cosa non avrei avuto?????

Certamente non avrei avuto una moglie fantastica, madre di due figli eccezionali e nonna di quattro nipoti stupendi.

Questo SE mi ha risvegliato altri ricordi: quando mi portavi al circo, quando andavamo al cinema assieme e quando tornavi dal lavoro e mi baciavi sulla testa.

Questo SE mi ha permesso di vedere quel padre che avrei voluto e che in realta’ c’era stato.

Questo SE mi ha permesso di apprezzare quello che la vita mi ha dato (che è tanto).

Questo SE mi ha permesso di conoscere persone fantastiche con le quali condivido un percorso.

Questo SE è il succo dell’esistenza.

Ora spero di essere un marito, un padre, un nonno come mi hai insegnato tu con i tuoi valori.

Concludo con un ultimo SE.

SE ti potessi riabbracciare solo un secondo ti direi:

                       GRAZIE BABBO

Ivano

CAMBIAMO INSIEME

Carissimo Emiliano,

Non avrei mai pensato di trovarmi qui...nella condizione di doverti scrivere una lettera e mettere a nudo la mia anima.

Tu sai bene come sono fatto, quanta difficoltà ho nell’esprimere sentimenti ed emozioni e quanta poca dimestichezza abbia con l’uso delle parole.

Così, mentre sono qui, piegato su questo foglio bianco che poco a poco si riempie di pensieri, capisco quanto la mia difficoltà di comunicare possa aver influenzato il nostro rapporto, la tua crescita emotiva e di conseguenza il NOSTRO problema con l’alcol.

Allora si...sono qui che scrivo a te ma non posso esimermi dallo scrivere di me.

Ho sempre pensato di essere stato un padre perfetto per voi figli e nessuno avrebbe mai potuto permettersi di pensare il contrario.

Io, uomo tutto di un pezzo, con l’insana tendenza ad alzare la voce pur di manifestare le mie ragioni, severo con me stesso ma soprattutto con gli altri, così concentrato sul mio ego e sul giudizio che la gente potesse avere su di me al punto di pensare che l’unica via giusta fosse quella di mantenere una buona facciata piuttosto che affrontare di petto i problemi...problemi che per anni mi sono rifiutato di vedere....”i problemi sono sempre stati degli altri...non di certo i miei.” ho sempre pensato. 

Ho sempre scelto la via più facile ma questo lo comprendo solo ora e ringrazio te perché attraverso il tuo disagio mi hai dato l’opportunità  non solo di aprire gli occhi, ma soprattutto il mio cuore.

E continuo....continuo a scrivere... Continuo a scrivere su questa pagina sempre meno bianca,  i pensieri mi attraversano fluidi e  leggeri al punto che anche il mio cuore si fa sempre più leggero e mi accorgo che non è poi così difficile imparare a chiedere SCUSA.

Scusami figliolo se per anni ho messo la tua vita sotto una lente di ingrandimento per cercare di capire la tua debolezza nei confronti dell’alcol; scusami per averti giudicato pensandoti una persona fragile e priva di forza di volonta; scusami per non essere riuscito ad andare oltre le bottiglie e i cartoni di vino per non voler vedere il tuo dolore, la tua sofferenza e la tua profondità di uomo.

Sarebbe stato sufficiente che mi fossi guardato allo specchio per comprendere che le tue fragilità altro non erano che le mie fragilità riflesse. 

E ancora... GRAZIE....

Grazie per avermi insegnato che il valore di un uomo non si misura dai successi ma da come ci si rialza dopo un insuccesso; grazie perché attraverso il tuo esempio posso imparare a guardarmi dentro con più umiltà e senza giudizio, grazie per questo viaggio che facciamo insieme e che condividiamo con le altre famiglie del club... Un viaggio che ci mette tutti sullo stesso piano e che ha come scopo la sobrietà e l’armonia familiare.

Pensavo da buon padre di avere ancora mille cose da poterti insegnare ma in questi ultimi anni i valori più importanti me li hai insegnati tu.

Ti voglio bene.....

Il tuo babbo Gino.

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